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Visualizzazione dei post da agosto, 2018

Uccelli di palude, domande e una canzone.

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Pittima, sei una pittima! Così mi dicevano da piccola, ed in effetti lo ero: noiosa, lamentosa, insistente... Per ottenere ciò che volevo, niente strilli, niente capricci o pianti, solo un'infinita, sommessa, continua pubblica e anche gentile richiesta. Li prendevo per sfinimento. Pittima, sei una pittima! Oggi che il lessico s'è ristretto si direbbe rompipalle, ma almeno nell'insulto insegnamo la coloritura, che anche insultare è un'arte. Questo però te lo racconto in un'altra occasione, altrimenti come sempre metto troppa carne al fuoco, o mischio tutto in un calderone, così, tanto per regalarti due perle della mia reverendissima maestra fascista, e invece va fatto bene, che l'insulto, per quanto inflazionato, è una cosa seria e ci metto Borges, e Gadda e Celine e Apuleio, Schopenaur e tutti quelli che mi sto scordando (come, per rimanere in tema, i santi che metodicamente bestemmiava Marino il fornaio quando bruciava il pane). E coi bambini pazienza, e un

Oggi al mare: Natalia Ginzburg, il picnic il politically correct e naturalmente la mamma.

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Possiamo essere adulti impegnati, indifferenti o distratti, ma basta a volte una parola per caso, una frase, un'immagine per farci ritrovare, viva e improvvisa,  la nostra giovinezza. Oggi al mare ho pensato a Natalia Ginzburg. Magari se ero istruita potevo pensare a Proust, ma la Ginzburg mi funziona meglio, con questa citazione, in cui parla del padre, per il quale erano tutti "sempi", scemi, e come dargli torto, eccoci: "....Oltre ai «sempi» c’erano i «negri». «Un negro» era, per mio padre, chi aveva modi goffi, impacciati e timidi, chi si vestiva in modo inappropriato, chi non sapeva andare in montagna, chi non sapeva le lingue straniere. Ogni atto o gesto nostro che stimava inappropriato, veniva definito da lui «una negrigura». Non siate dei negri! Non fate delle negriture!  - ci gridava continuamente.  La gamma delle negriture era grande. Chiamava «una negrigura» portare, nelle gite in montagna, scarpette da città; attaccar discorso, in treno o per strada,

Il pescivendolo, il vento e l'anima: la v cade.

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Oggi, al mare, niente da segnalare. Era una bella giornata, e ho prestato poca attenzione. Sentivo, come non di frequente (ma è questione anagrafica, credo), l'estate. L'estate è un piacevole luogo comune, un mucchio di luoghi comuni. Pesce fritto e vino fresco, la sera. In greco il vino è oinos, che la v cade. Cade sempre la v dei greci, che si chiama vau, o digamma, lasciando di solito un'aspirazione. Cade anche la v del mio pescivendolo, che è pugliese ed eserto, e da lui oggi ho comprato calamari da friggere per cena. Oggi inizia il campionato di calcio, un luogo comune, come l'estate. Il pescivendolo: " Non lo seguo il calcio: mi disgusta, troppi soldi, le scommesse... è tutto falsato. A me piace la vela, perchè il vento, il vento non lo puoi comprare". E cade, per lui, come in greco, la v del vento, che è anemos, e anima. Se il fritto sarà croccante e tenero, sarà stata una bella giornata, come è bella la gente, e, se è una bella giornata, un

Ancora al mare - Le vergare, il ponte di Genova e il suffragio universale

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Stamattina era freschetto. Poca gente in spiaggia. Posso seguire meglio i discorsi, senza esercitarmi in multitasking. Inevitabilmente le chiacchiere delle  vergare sulle sediole - con annessi mariti che leggono il giornale quotidiano in piedi, che dopo ombrellone, borsamare, borsatermica, non c'era proprio modo di trascinare giù per l'erta una seconda sediola, scivolano verso i più drammatici fatti di cronaca. "Disgraziati, con tutti i soldi che si sono mangiati ...  Gli frega a loro se casca un ponte, tanto vanno in aereo!" Il tema, il mio,e anche il loro, se lo sapessero, è il suffragio universale. Che adesso soffia un'arietta, una corrente di quelle che ti sembrano piacevolmente fresche ma poi ti fanno ammalare, che lo vorrebbe ristretto, il suffragio, come un cachemire in lavatrice, 60° e mille giri di centrfiuga. A mio parere, nell'uno e nell'altro caso, il risultato è da buttare. Ma la metafora è fuori stagione. Resta il fatto che le mie vergar

Questa estate me ne vado al mare. Con etimo diverso.

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Dopo anni sono tornata al mare. Tutti i giorni lo vedo, e lo guardo, dalla mia finestra, alzo li occhi ed è lì con tutti i colori del mare, e si muove e si increspa e luccica o si incupisce. Ma per anni non sono andata al mare, restando nell'ombra, come le donne di un tempo, tra muri e il po' di verde di piante in vaso. Quest'anno ho detto andiamo al mare, quello di sempre, e niente è cambiato. Quasi. Non c'è più la sabbia grossa, nè i ciottoli grossi da lanciare di piatto  a rimbalzare sull'acqua, ma rena polverosa da cantiere, riportata per ricostriure quello che d'inverno le onde si mangiano, buona per la molazza, non per la spiaggia. Ma tant'è. C'è la luce e il profumo del mare. E' spiaggia libera, senza ombrelloni e la mattina presto non c'è nessuno, solo un pescatore che lancia e lancia, e si sente lo sguishhh della canna. Per lanciare lontano ci vuole tecnica arte e sensibilità, e tanto esercizio. Poi arrivano. Se pensi al mare, soprat

La sposa, il trauma e Leopardi. L'etimologia, uno spreco.

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Ho scoperto, attraverso fonti di seconda o terza mano, di avere un'identità traumatica. “Già Sigmund Freud, affermava che le esperienze traumatiche vissute in età infantile determinano nel futuro la tendenza a proteggersi dal ripetersi di situazioni analoghe, al fine di non provare altro dolore psichico." Il trauma non lo nego e non lo ignoro, anzi ce l'ho ben chiaro e lo racconto pure, tanto, ormai che ci vuoi fare... Riguarda i matrimoni. Non vado ai matrimoni, vorrei dire perchè aborrisco ogni manifestazione cerimoniale, ma no, è che a furia di aborrire e defilarmi e scansare non c'è proprio più nessuno che mi inviti. Tanto meglio, né sentimenti e commozione né chiacchiere e maldicenze nè piacere nè dovere che sono i poli tra cui si regge in equilibrio tutto l'accrocco celebrativo potrebbero convincermi a un'esposizione che sarebbe in ogno caso sovraesposizione. Ma per l'appunto  c'ho la giustifica professore', che c'ho avuto il trauma,