La sposa, il trauma e Leopardi. L'etimologia, uno spreco.

Ho scoperto, attraverso fonti di seconda o terza mano, di avere un'identità traumatica.
“Già Sigmund Freud, affermava che le esperienze traumatiche vissute in età infantile determinano nel futuro la tendenza a proteggersi dal ripetersi di situazioni analoghe, al fine di non provare altro dolore psichico."
Il trauma non lo nego e non lo ignoro, anzi ce l'ho ben chiaro e lo racconto pure, tanto, ormai che ci vuoi fare...
Riguarda i matrimoni.
Non vado ai matrimoni, vorrei dire perchè aborrisco ogni manifestazione cerimoniale, ma no, è che a furia di aborrire e defilarmi e scansare non c'è proprio più nessuno che mi inviti.
Tanto meglio, né sentimenti e commozione né chiacchiere e maldicenze nè piacere nè dovere che sono i poli tra cui si regge in equilibrio tutto l'accrocco celebrativo potrebbero convincermi a un'esposizione che sarebbe in ogno caso sovraesposizione.
Ma per l'appunto  c'ho la giustifica professore', che c'ho avuto il trauma, quello originale greco, la ferita la botta da CTO, diretta, senza passare dal tedesco che il traum è un sogno che viene da tutt'altra strada e ci si può cercare correlazione eventuale o certa e non  dirmi che il vecchio col pizzetto non c'ha giocato, ma io no, che nella mia modestia ambizioni gramelliniane non oso figurarmele e le cose che racconto son vita vera, non fantasmi. E se proprio dovessi digredire nel sogno, cosa che non farò per un greve e antico materialismo, sarei lì, un Leopardino da sera del dì di festa, a guardare l' agevol sonno di chi non morde cura nessuna, e
rimembra
In sogno a quanti oggi piacesti, e quanti
Piacquero a te: non io, non già, ch'io speri.

E infatti:
Oh giorni orrendi
in così tarda etate!

E tanto basti, riucendo a confondere e intricare anche i versi del poro Giacomino, che poi, tornando a bomba, anche lui coi matrimoni aveva dei problemi, e penso alla povera Paolina, delle cui nozze alla fine non si fece nulla, e per fortuna che l'epitalamio a lei dedicato era pesante oltre il giusto.

Niente notti, niente sogni, o traume, giochi di parole (dai, quelli sì, sempre)  ma trauma e sposa, e il velo della sposa, lo strascico lungo sei metri, per tutta la navata della chiesa. Volevo essere io.
No, non la sposa. Ero una bambina di una manciata d'anni e pochi chili, mangiavo niente, mai, e alla sposa qualche volta ci giocavo, avvolgendomi in molti giri attorno al corpo la coperta del lettino che fermavo con un cerchietto dei capelli (testona sì, ma pensa alla circonferenza toracica...) per fare l'abito lungo e la federa in testa per velo. Non bello forse, ma io olto compresa, e normale. Un po' meno, o almeno così mi pareva, oggi non so,  quando giocavamo al presepe col mio amico Carletto e lui voleva fare la madonna, con la stessa copertina.
No, non volevo fare la sposa, in quella luminosa giornata di maggio, anche la chiesa era luminosa di ori e trionfi di angeli barocchi. Volevo fare la damigella. Anzi, mi avevano detto che avrei fatto la damigella, e mi avevano fatto indossare un vestitino rosa stile impero con le maniche a palloncino, di un tessuto leggero che non so, non era tulle e non era organza, perchè era opaco ed io ero felicissima, mi pareva quello di Paolina Bonaparte che avevo visto nelle figure dell'enciclopedia della donna ( che mica ci mettevano quella lasciva del Canova, sull'enciclopedia della donna) e fare la damigella ad una sposa con se metri di strascico era la cosa più bella che potesse capitarmi.
Ma che ne sapete del trauma, del male che potete fare a una bambina emozionata? Ea chi vado a dirlo, che sì. l'ho elaborato e superato e quel che vuoi, ma resta il fatto,l'episodio la storia, la ferita, se quelli che c'erano e organizzavano la cerimonia sono tutti morti, o scempiati dal male e dagli anni? A chi lo vado a dire?
La damigella,dovevo fare la damigella, volevo fare la damigella, facevo la damigella, che emozione. Senza prove che era un lusso casareccio, un libero adattamento coi mezzi a disposizione delle spose principesse coi servizi su Gente. Mi prendono per le spalle (le spallucce, te la ricordi la circoferenza toracica?) e mi posizionano: La damigella entra accanto allo sposo, il paggetto, sì c'era pure il paggetto in bianco e blu, con la fascia in vita, accanto alla sposa.
E lo strascico? IO sono la damigella, IO devo reggere lo strasico. No. Lo strascico corre libero e lisco (disteso dalle cognate) lungo la navata. Sei metri. Uno spettacolo. Che se lo regge la damigella le pesa, magari inciampa e fa un disastro. E' meglio così.
Allora ditelo che non mi volete bene, che mi avete adottato, che sono il brutto anatroccolo che rovinava la scena. Allora ditelo. A cinque anni mi avete ucciso le illusioni, senza bisogno di aspettare Leopardi
e l'antica natura onnipossente,
Che mi fece all'affanno. A te la speme
Nego, mi disse, anche la speme.
Il trauma. Se c'hai il trauma non piangi, te lo ingoi. Non piansi e non protestai. Presi atto del torto, dell'ingiuria.
Solo una faccia di peste. Imbronciata e scura, si direbbe. Mi vide lo sposo, che come si sa non aveva voce in capitolo e non potè intercedere. Mi sorrise e mi prese per mano. E dopo che fu entrata la sposa, dispiegato il lungo velo con meraviglia del pubblico nei  banchi, voleva, per farmi contenta che sedessi sulle sue ginocchhia, sulla panchetta imbottita all'altare. Blasfemia. IO sono la damigella. IO so fare il mio compito Io sto in piedi con le mani dietro la schiena per tutta la cerimonia. Ingrugnita, ma quello è colpa vostra. IO avrei saputo reggere lo strascico con la giusta tensione, senza tirarlo e senza farlo strusciare.
Il trauma c'ho avuto, e risulto nubile all'anagrafe e non vado ai matrimoni, certo non mi invitano, ma se mi invitassero non ci andrei. E il peso del trauma è solo sulla mia coscienza, che è troppo tardi, ma che tutto questo dolore serva, almeno, a spose e wedding planner. Attente alla damigella. Abbiatene cura.

L'etimologia non l'ho dimenticata, ma c'ho troppo il trauma per farla bene. L'etimo della sposa, intendo (e l'hai capto perchè alla classica domanda "era bella la sposa?" si risponde mmmmmm, storcendo il naso). E allora faccio in fretta, che poco mi curo della promessa, vado dritta all'origine greca, σπένδω  (spendo, ed è facile l'ironia sulla spesa per la sposa... se poi vuole il drone non ti dico), che significa fare libagioni (e sì,, si fanno libagioni abbondanti, si mangia, auspicabilmente bene e tanto e altrettanto si spera del bere). Ma le libagioni non erano, all'origine, ubriacarsi e abboffarsi, erano uno spargere, un versare il vino per terra, o sull'altare. Uno spreco. in onore degli dei, certo, ma uno spreco.
Ecco per me che c'ho il trauma, questa è l'etimologia dell* spos* (dai, apprezza la correttezza!!) e dello sposalizio. Uno spreco. Uno spreco lo strascico, e a volte gli strascichi. Capirai.

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