Maccheroni: il lavoro, l'ozio e la beatitudine.

L'Italia si regge sulla pasta: Il fatto che un piatto di pasta sia un alimento relativamente completo ed economico consente alla maggior parte degli italiani di poter avere un reddito di sussistenza anche con un salario irrispettoso e insufficiente per qualunque altra necessità e per qulunque altro regime alimentare. Una dieta di carne pesce e verdure non sarebbe economicamente sostenibile e già avremmo in piazza non giubbetti gialli, ma parnanze colorate.
Eppure in un'Italia che si regge sulla pasta un altro modello sarebbe proponibile.
Nel '700 il Conte d'Espinchal scriveva del popolo napoletano: "quando un lazzarone ha guadagnato le quattro o cinque monete che gli bastano per comprarsi i maccheroni, non si preoccupa più del domani e smette di lavorare"

E comincio a citare Bertrand Russell, mica un Recalcati qualunque, che nel suo Elogio dell'Ozio del 1935  - ma con una spolveratina è perfetto anche oggi - scrive "Io penso che in questo mondo si lavori troppo, e che mali incalcolabili siano derivati dalla convinzione che il lavoro sia cosa santa e virtuosa; insomma, nei moderni paesi industriali bisogna predicare in modo ben diverso da come si è predicato sinora...voglio dire, in tutta serietà, che la fede nella virtù del lavoro provoca grandi mali nel mondo moderno, e che la strada per la felicità e la prosperità si trova invece in una diminuzione del lavoro."
"...oziare è una cosa molto più difficile e bisognerebbe iniziare a tale scopo una vasta campagna di propaganda."
E più avanti, ma leggilo tutto, che è agevole e piacevole:
"Il concerto del dovere, storicamente parlando, e stato un mezzo escogitato dagli uomini al potere per indurre altri uomini a vivere per l’interesse dei loro padroni anziché per il proprio"...
... L’ozio è essenziale per la civiltà e nei tempi antichi l’ozio di pochi poteva essere garantito soltanto dalle fatiche di molti. Tali fatiche avevano però un valore non perché il lavoro sia un bene, ma al contrario perché l’ozio è un bene. La tecnica moderna ci consente di distribuire il tempo destinato all’ozio in modo equo, senza danno per la civiltà."
Dice Russell che nella civiltà della dignità del lavoro e del culto dell'efficienza sono rimasti solo "piaceri passivi", mentre l'ozio darebbe il modo di coltivare le proprie curiosità (ma chi ne ha più di curiosità?) con energia liberata e una ritrovata spensieratezza.
Insomma se l'etica del lavoro è un bisogno indotto e se una sana società dovrebbe saper redistribuire lavoro e risorse, il piatto di pasta diventa una metafora onnicomprensiva, e un piatto di pasta c'è per tutti, col relativo piacere, e affermazione identitaria, per chi piace, e anche a chi no, che siamo tutti Nando Meliconi, no?
E del suo maccarone mi piace fare l'etimologia. Fantasiosa, ma non implausibile, come spesso mi capita. Maccarone per me deriva da µακάριος, makarios, che significa beato, felice, ricco.
E mi conforta  John Dickie, autore inglese sempre in qualche '700 di gloria napoletana, del "Con gusto – Storia degli italiani a tavola": “ … l’allegria suprema, per un lazzaro, era rappresentata da un piatto di pasta: anzi sembra che i maccheroni fossero lo scopo centrale della sua esistenza, la definizione stessa della beatitudine”.
Ora gli inglesi essendo grigi alquanto sono sempre stati appassionati del pittoresco, e, posta indiscutibile la beatitudine della pasta, il luogo comune è luogo comune pure per i migliori. Anche per Bertrand Russell, intendo "Tutti conoscono la storiella di quel turista che a Napoli vide dodici mendicanti sdraiati al sole (ciò accadeva prima che Mussolini andasse al potere) e disse che avrebbe dato una lira al più pigro di loro. Undici balzarono in piedi vantando la loro pigrizia a gran voce, e naturalmente il turista diede la lira al dodicesimo, giacché era un uomo che sapeva il fatto suo".
La beatitudine del maccherone, che per noi terroni è pasta in generale, non un formato di pasta, è mica solo plebea, pure nel Gattopardo il pranzo del principe non comincia con un potage, temuta barbarica brodaglia, ma con un sontuoso timballo di maccheroni.
Ed è certo nel gusto, la felicità della pasta, ma anche nel semplice rito della preparazione, e nel convivio (col bell'etimo del vivere insieme) sì lo so, da reclame televisiva, ma sono loro che parassitizzano, nel ricordo di mio zio, che arrivava tardi dal lavoro, con tutti i nipoti già a tavola , rideva e mi domandava: "Hai manciato i maccheroni?"
E' socievole, il maccherone, e simpatico. Direi che è di sinistra, se ancora esistesse, la sinistra intendo. Ma quella è andata, e il maccherone resta, più forte.
E se ti dicono che deriva da una macca, che è una zuppa d'orzo, o da "maccare", ammaccare, schiacciare, perchè il maccherone si crea dalla compressione della pasta, puoi anche crederci, ma vuoi mettere la beatitudine.



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