La lusinga è un venticello: Rossini, Dante e il gorgonzola, come se sapessi

Tu prendi un'aria rossiniana, e cambia una parola sola. Sostituisci la lusinga alla calunnia e ecco, quello che voglio dire, con etimologia annessa, naturalmente, sta là. Funziona la metrica e l'aria è perfetta, mantiene intatto il suo senso e gli effetti devastanti del venticello che monta in tempesta.
Calunnia e lusinga sono speculari:entrambe allusioni possibili, hanno "il colore del vero";  una in foro esterno, l'altra in interno, agiscono sull'animo umano, una come uno schiaffo, l'altra una carezza, ed entrambe ti possono travolgere. A volte poi viaggiano insieme, che si calunnia l'uno per lusingare l'altro, e a volte poi, la lusinga è talmente marchiana* (ci metto l'asterisco e in fondo lo richiamo per l'etimologia che è carina, ma qui non c'entra) che diventa una calunnia.
Mi spiego (e poi ti spiego pure perchè mi sto contorcendo su questo paragone) con la più banale delle immagini: hai presenti quel selfie che con tanto di filtri continua a dire la verità sull'imperfetta apparenza di chi rappresenta? Ebbene le schiere di garrule amiche che cinguettano "bellissimaaaa!!!!! cuoricini cuoricini", col tono lusinghevole propala la calunnia sull'assennatezza del soggetto, che sotto il pubblico flagello ha da crepar.
Zoppica molto, lo vedo anch'io, ma il fatto  è che innocentemente mi piaceva canticchiare "la lusinga è un venticello..." e c'ho provato. Lusingami, dai ... Che nell'etimologia della lusinga c'è la lode, ma c'è anche il gioco (lusus) e poi si sa com'è, il gioco a volte prende la mano... Il suffisso -inga indica appartenenza, ma per ora lo tralascio, perchè ci può essere pure, in questo lusingante gioco etimologico, il "Los"o lox, che significa obliquità, stortura, e dato che non procedo mai ben dritta, mi piace questa interpretazione, e batto un'altra strada.

Ed elli allor, battendosi la zucca:
"Qua giù m’ hanno sommerso le lusinghe
ond’io non ebbi mai la lingua stucca"

Dante ce l'aveva a morte con gli adulatori (forse perchè sapeva che gli era facile cedere alla lusinga?) e nell'Inferno gli dedica un canto pieno di volgarità e parolacce, e li fa stare nella merda, col capo coperto di merda e ancora gli studiosi si interrogano se quella merda la producessero i dannati stessi per sommo proprio spregio o fosse già in loco prima che essi venissero catafottuti  nella loro ultima meta.
E a proposito di lingua mai stucca, mai sazia, conosci il detto milanese "la bocca non è stracca finchè non sa di vacca"? E' di quelle cose che si dicono sempre uguali al termine di quei pranzi festivi che ti gonfiano fin nella testa, ritualmente ripetute ad ogni occasione: mia zia Liliana - lingua acuminata e sincera, aliena tando dalla falsa lusinga che dalla calunnia - ad esempio, ad ogni pranzo di Natale (e Capodanno, e Epifania...) con lo schiaccianoci in mano (fatto da zio Ettore che aveva incardinato insieme due raspe da falegname) con soddisfazione concludeva: "ci sono tre tipi di mandole: le mandole dolci, le mandole amare e le mandole a fa..." e giù a ridere.  Quella della vacca invece l'ho imparato da un amico,  di qui, non di Milano, ma sai com'è, dopo tre mesi che sei là e hai scritto due articoletti non pagato (oh, la lusinga!) su nota rivistina on line, sei nell'industria culturale e pure milanese che manco Stendhal, e mangi croconsuelo pedagno a fine pasto, gaddianamente metonimico dello sterco di cui sopra, nonchè di quello in cui sguazzi, al momento piacevolmente, che fa curriculum. Dice: ma Dante ci mette i lusingatori nella merda, il tuo amico è un poretto che alla lusinga cede. Ok. Questa è la tesi. Mia. Che peccatore è tanto chi lusinga che chi alla lusinga cede. E poi la merda è merda, sempre quella, c'è chi se la trova per contrappasso e chi se la sceglie e dice è cioccolato (bell'etimologia, il cioccolato, un'altra volta).
Che poi Dante laggiù, ci mette anche una femmina sozza e scapigliata:

Taïde è, la puttana che rispuose
al drudo suo quando disse "Ho io grazie
grandi apo te?": "Anzi maravigliose!"


e merita, la storia  della supposta adulatrice, ma la semplifico alquanto: questa povera Taide prostituta viene sbattuta all'inferno (adulatrice, non lussuriosa) per aver risposto al suo "cliente" che le chiedeva se era gradito, "Sì, tantissimo!!" E come avrebbe dovuto rispondergli, stante la sua professione, con un'arricciatina di naso? Vallo a capire Dante, valli a capire gli uomini... Tanto detestano gli adulatori, tanto amano la lusinga. Che mica è detto che sia un falso o interessato apprezzamento. Può essere sincero, perchè no, è solo questione di misura.  
Ovvero può essere sproporzionata la misura del complimento lusinghevole e può essere sproporzionato il gradimento di un complimento, e in questo, per me, sta il peccato di chi cede o ricerca la lusinga. 
Non mi sposto da un piano strettamente personale, voglio solo parlare di dolci parole e occhi sognanti, di debolezza più che peccato; allargare il discorso a lusinghe e corruzioni, al mezzocalzettismo politico così facilmente irretibile, allo scambio clientelare in cui ciascuno ha la sua parte,  ma qualcuno di più, al vizio, il peccato vero, puoi farlo senza mie spinte.

Perchè la parola è ingannevole, e - se sapessi la grammatica mi spiegherei meglio - a me interessa il suo valore al passivo. E siccome non lo so dire bene, ti metto la figura.

Che significa che per umana debolezza sovente volendo sentirci il meglio figo del bigonzo preferiamo accompagnarci a frutti un po' ammaccati, coi difettucci della seconda qualità, per godere - lusingarci - della loro sincera ammirazione. Capita, lo sai, ma il difetto è più grosso della ticchiolatura dell'altro. 
Il fatto è che ci piace la corte, la lusinga.

La lusinga è un venticello, copriti, che l'aria ti frega.



* marchiano, come promesso, (da marchia, la marca d'Ancona)  significa grosso, spropositato ed è spesso detto di spropositi, che secondo l'etimo corrente, i marchigiani sempliciotti e grezzi, spesso commettevano. Più politicamente corretto l'etimo che si riferisce alla ceregia marchiana, la grossa ciliegia marchigiana. Resta poi da spiegare perchè il grosso del marchiano abbia assunto una connotazione negativa,  quando le ciliegie sono grosse e buone. 



Commenti

  1. E' l'errore che trascina l'accezione negativa. Il marchiano, proprio come le cerege, esalta la riconoscibilità, l'evidenza. Perché poi *marchiano* si accompagni ad errore e non a, che so, *bellezza* o *intelligenza* pensa abbia a che fare solo con l'uso. Ma *marchiano*, il frutto come il marchigiano, sono innocenti. E non è lusinga.

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