Se il cappello è esagerato, toglilo. Vanity Fair, la Palestina e TINA

Quando passi un periodo duro e stressante, puoi prendere il magnesio supremo o il ginko (non quello di Diabolik). Se la situazione è grave (ma il caso è raro, tutto il resto è 90% fisima 10% marketing) la meravigliosa chimica farmaceutica offreefficaci  rimedi non vendibili senza ricetta medica, ma questa è un'altra storia.
Io personalmente metto a frutto quel niente che so di mantra (che nella tradizione tantrica sono considerati la forma fonica della divinità,direzione uguale e verso contrario alla nostrale bestemmia, pure esercitata alla bisogna) e mandala (le cornicettte sul quaderno a quadretti come rappresentazone dell'universo, non c'è male) e mi svuoto la mente con azioni facili, meccaniche  e ripetitive, scopo le foglie, lavoro all'uncinetto, gioco a melette, ascolto Galassi che parla di come eliminare (fisicamente, ad uno ad uno, intendo) i diessini.
Non guardo la TV, non leggo i quotidiani e nemmeno l'internet.
Una monade, senza porte e finestre, anzi con una sola finestra con tende di pizzo che filtrano la luce. Una finestra, una sola.
Mio padre era un insegnante di sinistra, prima che essere di sinistra diventasse una cosa triste e pure prima che la sinistra cominciasse a far danni.
Si metteva la giacca e la cravatta, un maglione sotto la giacca perchè a scuola faceva sempre freddo, mica magliette o cose colorate, e, anche se il Ministro Salvini non era ancora nato, non faceva politica a scuola, in classe con gli alunni, intendo nel modo becero e ipocrita che porta simboli o magliette che a volte si usa per profumarsi di sinistra Serra e Fonseca  ma senza argomenti, erano anni sessanta, così per darti un'idea, ad ogni classe assegnava sempre lo stesso tema: "Il giornale, una finestra sul mondo", per aprire una finestra in quelle classi e far entrare un po' di mondo tra Parini e Giovan Battista Marino.
A casa io ascoltavo la correzione dei compiti, e imparai l'espressione "cattedrale nel deserto" e mi figuravo un petrolchimico come un duomo di milano ma tutto di tubi in mezzo a un deserto più o meno localizzato in calabria.
E allora, in omaggio a mio padre e ai suoi insegnamenti di rimbalzo, un giornale mi tocca leggerlo (come me lo sono procurato già lo sai) anche se non so se mio padre, se sapesse, mi approverebbe e la domanda è retorica, che a me regalarono quello in figura, e mi piacque pure, e devo anzi supporre che l'interesse per le morbose vicende sia nato da lì.
Attenzione, che il mio Vanity Fair non è cosa superficiale da signore annoiate con le gambe accavallate sul divano, ma esprime una weltanshauung ampiamente condivisa in diversi contesti. E' "l'amore per il più remoto", che ci fa sentire partecipi ma non coinvolti (o il contrario, non lo so, ma mai tutte e due le cose insieme, l'importante è che sia distante, così al termine della manifestazione il barricadero 3.0 può bersi la sua birretta o stronarsi di canne, mentre il sensibile prof può levarsi la maglietta rossa e indossare la camica di lio per il prosecco col crudo di gambero rosso di Mazara - ma quanti gamberi pescano a Mazara, manco Forrest Gump...): così come la nostra meglio gioventù si scalda a comando con autentica esotica passione civile per cose tipo i gas in Siria o i sassi della Palestina, seguendo brandelli di notizie da fonti incontrollate, così il vasto target femminile esplora tutta la gamma delle emozioni ad ogni pagina della rivista, dai gioielli di Chopard al dramma di Genova ai divi visti a 360°:  da una parte gli eroi per procura, dall'altra le donne impegnate e realizzate - sempre con atto di delega - gli uni e gli altri attivi sul fronte intimo (come superlativo). La carestia in Yemen è come un anello di Bulgari: piace, ma non ce la possiamo permettere, giro pagina e vado oltre, se riesco a spiegarmi,

E finalmente l'articolo, l'intervista esclusiva, quella sì mi è chiara.
C'è un Vincent Cassel AKA il marito (fedifrago forse, ma non ne sono sicura che all'epoca non leggevo le riviste) della Bellucci, prossimo, al momento di uscita del giornale, ma ormai il fatto si è compiuto, alle nozze con una TINA, che non è il "there is no alternative" di tatcheriana e liberistica memoria, poi speso pure da democratici bombaroli in giro per il mondo, no (che poi c'è sempre un'alternativa, almeno da valutare) , qui non c'è niente di libero, l'amore soprattutto, qui Tina non transige. Tina è una deliziosa fanciulla che da tempo si accompagna al Vincent, che gli ha detto culo, perchè egli stesso dichiara che non sapeva quanti anni essa avesse quando primieramente la impalmò (oggi ne ha ventuno). Che è un attimo ritrovarsi pedofilo berluscone, meglio stagionata, tranquilla e di esperienza, senti a me (pro domo mea).
E invece eccolo là, vampirone a godersi la gioventù di Tina come fosse la propria. Ma non funziona così, Vincenzì. Nell'intervista lui non dice granché, pare consapevole di star facendo una cazzata, ma "l'istinto è più intelligente del cervello" e dove vuoi che ti porti l'istinto, se hai "fame di vita"?
La Tina invece è uno spettacolo, ma ne dico solo una:
Domanda: "Vincent le ha insegnato qualcosa?"
Tu ti aspetti chissa che, s'è presa un uomo di mondo e di esperienza ....
Risposta: "Grazie a lui ho imparato a guidare. Ma non ho ancora dato l'esame per la patente."
Sipario.
Chiudo la mia finestra sul mondo, Il vento non fa più volare le mie tendine di pizzo.







Commenti

Post popolari in questo blog

quindici minuti di puro relax

Un due tre, fante cavallo e re

La Maestra e Magherita

La Bambola - fobia etimologia e cura

Oggi al mare: Natalia Ginzburg, il picnic il politically correct e naturalmente la mamma.

Hello Kitty, la felicità e la statistica e vecchie poesie