La gentilezza: Giulio Cesare e la sdrogia.

Io sto bene, stai tranquillo.
Molto meglio, adesso.
Puoi chiedermelo e ti rispondo.
Dormo la notte, le giornate sono calde e luminose come piace a me e le persone sono gentili.
Ieri ho ricevuto un regalo la cui sola occasione era pensare a qualcosa che ho scritto.
Gentile.
Ieri un ragazzo mi ha visto lottare con un fardello di acqua minerale e mi ha detto glielo porto io, e mi ha scortato fino alla cassa.
Gentile.
Ieri su un marciapiede stretto un signore è sceso fermandosi per lasciarmi il passo sorridendo, senza doverci urtare di sguincio a testa bassa.
Gentile.
Ieri, e per la verità sempre negli ultimi giorni, incrocio persone sconosciute, passeggiando al parco, che salutano e augurano il buon giorno. Mi ricordano il primo gruss got di una vecchia tirolese in un bosco.
Gentili.
Ce ne ho tanti di esempi di gentilezze normali, di gratuite garbate attenzioni, di quotidiani, casuali scambi di cortesie.
Perchè stiamo sempre a buttar merda, a ingrugnirci a irritarci a scansare i rapporti, ma la gente, con le dovute eccezioni, è tranquillamente gentile, e si sta bene con le persone gentili.
Solo, non mi sta bene la parola.
Gentile, cortese, il concetto è quello, ma le parole sono sbagliate, se pensi all'etimologia (se vuoi pensarci, altrimenti è tutto a posto e regna l'armonia).


Gentile, duole dirlo, è una parola un po' mafiosa. Non bisogna andare tanto lontano, per spiegarlo, "solo" a Roma antica, ai nomi dei Romani.Prendi Caio Giulio Cesare: Caio è il nome (praenomen), Giulio indica l'appertanenza alla gens Julia (nomen) , Cesare il cognomen che di solito è un soprannome. La gens Iulia è il clan di tutti i discendenti di Iulo, il figlio di Enea, figlio a sua volta di Venere. E ancora certi folcloristici principi romani si frusciano di vantare questa discendenza divina, pur se nella loro decadenza gli restano solo palazzi da affittare su airbnb per pagare la corrente, e mantenere la tradizione di non pagare le tasse allo stato usurpatore. Ma era solo un esempio.
Gentile, quindi, è colui che appartiene a una gens, che è nobile, contrapposto a chi non lo è, a chi è solo popolo (e volgare, come dice la parola). Il gentile era gentile, ma non per nobiltà d'animo, ma perchè tenuto, per l'interesse della propria gens, a comportamenti di cura e solidarietà nei confronti degli altri membri del clan (che mica erano per forza parenti, le discendenze divine sono difficili da ripercorrere, come le cuginanze della mia vicina della campagna, che era mezza parente non si sa bene come con chiunque - certo popolo, mica i dottori - vivesse nel contado tra Osimo e Macerata  ma loro senza vincoli di correttezza e solidarietà, anzi spesso correvano carte di avvocati, o correvano i carabinieri, in caso di incontri ravvicinati, ma si capisce, gentili non sono).
Insomma, i gentili erano un clan, una mafietta, e la gentilezza non un tratto di delicatezza ma una marca sociale.
Mi piace la gentilezza, ma la parola è brutta, e non va meglio col suo sinonimo "cortesia",
che indica la qualità del cortigiano, un garbo nei modi, non di sostanza, proprio di chi vive a corte. Se sei nobile sei cortese se sei un poraccio bestemmi e ti scanni. Ma dai, il cortigiano abbiamo imparato a conoscerlo come parassita e servile, che ce ne importa se ha bei modi?
Tutta sta nobiltà mi sta sul gozzo, ma mi sa che sono diventata populista.
Che mi pareva di stare dalla parte degli ultimi, di essere per l'equità e la giustizia sociale, ma mi sono ritrovata populista. Strani percorsi che con gentilezza e cortesia l'élite, la nuova nobiltà capalbiana che non ha voluto invasioni nella sua corte, ricordatelo,  mi spiegherà per un immediato ravvedimento.
Diceva Lakoff (che ogni tanto ritorna in questo blog) che la cortesia è un sistema di relazioni interpersonali designate per facilitare l'interazione minimizzando il potenziale di conflitto e di confronto insito in ogni scambio umano. E l'élite ci conferma che se interagisci solo con i tuoi minimizzi il conflitto e ti viene più facile essere gentile e cortese (oh, l'etimologia!)  Una élite autoreferenziale e gentilissima, cortigiana ma non se ne accorge, che dalla corte non esce e nessun altro ci entra, magari a dire "il re è nudo!" (ma no, ha una camicia di lino ...).

Ma non è questo ciò di cui volevo parlare, che divento sgarbata (la parola che scelgo di usare è garbo, dopo la spiego).
Volevo parlare di una sdrogia, settanta e passa anni, pantaloni a tre quarti e ciabatte, capelli improponibili , un figlio in galera e un'altra a carico della sua pensione sociale con due figli di nessuno, uno scarto miserabile che va a pulire le scale (perchè dentro casa chi ce la vorrebbe?) e un linguaggio, come dire, limitato ma pieno di riferimenti sessuali. Mi si avvicina dimessa "scusa se mi permetto.... ma tua mamma è tanto che non la vedo.... come sta?"
Mi ha fatto una gentilezza, e mi ha chiesto scusa.
E il garbo te lo dico un'altra volta.


Commenti

  1. Assa fà 'a Maronna, ho capito tutto il pezzullo. E, sul punto, sappi ch'io adoro la gentilezza, il garbo, la cortesia. Ma o termpora o mores ed oggi la vera lotta di classe è tra risvoltini ed incanottierati. Ed io sto con i secondi, i quali, quando mi esprimo, colgono meno bene ad es. la locuzione "ella è inqualificabile" rispetto alla più terragna "ma guarda tu 'sto gran pezzo di merda" (voluto ogni riferimento allo scrittore elementare di amache). Ma certo, cambierà, e potremo forse riappropiarci della meravigliosa qualità del garbo. Quando gli infami avranno scontato la pena.

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