La puerpera - etimologia e storie di famiglia e di paese

Avevo un cugino grande (ce l'ho ancora, ma questo è un ricordo d'infanzia), un geniale e fanfaronesco affabulatore che ci intratteneva, bambini, raccontandoci Canne al Vento. Noi capivamo che era tutta una traggedia, ma ridevamo come pazzi del povero Efisio e delle sorelle nere. Si sposò, mio cugino, un donna paziente e divertita. Quando figliò, la sfotteva, chiamandola puuuerpera, e lei effettivamente faceva la puerpera, standosene a letto, camicia da notte con lo sprone ricamato e liseuse pastello di lana pelosa all'uncinetto.
Che la parola del giorno è per l'appunto "puerperio", dato che mi sto un po' fissando sui discorsi intorno al corpo delle donne, se sia un bene individuale o sociale, su chi ne abbia la disponibilità e il controllo, e, ditemi se è una bestemmia, caratteristica prima di esso corpo, e sto parlando di corpo, è di essere generalmente predisposto alla figliazione.
E così, senza idee o opinioni, ma guardando, cercando e ascoltando, mi viene in mente 'sto puerperio, che in sé, da dizionario, ma anche nel suo suono stesso, è una parola un po' schifosa
puerpèrio s. m. [dal lat. puerperium, der. di puerpĕra «puerpera»]. – 1. In fisiologia, il periodo di tempo di 6-8 settimane che intercede tra l’espulsione della placenta e il ritorno alla normalità degli organi genitali femminili; durante questo periodo l’utero si riduce progressivamente e gradualmente di volume, i frustoli di decidua vengono eliminati, l’epitelio della mucosa uterina si ricostituisce e le lacerazioni più o meno ampie e profonde che si sono prodotte durante il periodo espulsivo del parto si cicatrizzano. Insomma.
E l'etimologia, che o la so o me la invento, ci dice puer (fanciullo) pario (partorisco) e io mi domando perchè sia puer, che puer si restava più o meno fino a quella che oggi si dice maggiore età, e non infans o come altro mai chiamassero il neonato, forse perchè il neonato non contava niente o per lo meno era incerto, che i vaccini non c'erano e era un attimo che un male qualunque se lo portasse, mentre con un puer teleologico si può pensare di fare qualcosa. Che è sociale, il puerperio, avojia se è sociale. Qualcosa del genere diceva pure la Lorenzin, ma in un senso diverso da quello che intendo io, (appunto dicevo di direzione e verso) ma lo spiego più in là, che se no mi sfugge la cosa del dialetto.
Perchè il dialetto (castellano, ma non solo) è più preciso, e la puerpera è l'infantada, dove appunto c'è l'infans dei latini o l'enfant dei francesi, che d'in su o d'in giù, da queste parti più volte ci sono passati.
E nei tempi passati alla puerpera si rendeva omaggio: oggi si regalano le torte di pannolini (ma che cattivo gusto, mi sa un po' di coprofagia...), una volta zucchero e marsala, e prima ancora c'era la tazza della puerpera. Ma questo lo racconto un'altra volta, e forse, se hai pazienza, ci arrivo, al postfemminismo ....
pablo picasso - la liseuse 1920

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