Una irresistibile frivolezza – con Leopardiano diletto

Che non si passi attraverso i muri è evidenza, e la fisica saprebbe spiegarci il perché. Ma quando vai in farmacia, ci riesci: per raggiungere il banco con la tua ricetta rossa per il farmaco generico che paghi solo il ticket passi attraverso un muro di flaconi, vasetti e tubetti e scatoline di preparazioni cosmetiche per la conservazione la ristrutturazione e la decorazione di viso e corpo. 
Ero lì, l’altro giorno, e mentre la bella dottoressa impacchettava nella sottile velina di farmacia l’ibuprofene granulato per soluzione orale, per mio figlio che gli fa male tutto che ormai c'ha un'età, ma deve giocare a pallone, non ho resistito e le ho chiesto.
“Stefi, mi devi dare mi devi dare qualcosa che la mattina me lo metto sulla faccia e sembra che ho dormito otto ore.” 
Che io non dormo mai, e si vede. 
Era una mezza battuta, la mia, ma lei mi ha risposto, e non mi ha offerto passiflora e melatonina o delle buone goccine per favorire il sonno, ma con assoluta convincente professionale 
sicurezza mi fa “ ti ci vuole la maschera illuminante con pietra lavica e agrumi!” 
Ho preso la confezione grande, col 20% di sconto. 
Che frivolezza, mi sono detta uscendo e già mi sentivo più fresca.
Giuro, non la volevo fare l’etimologia, non che volessi stare solo sul frivolo di unguenti illuminanti e rimpolpanti (ma ti puoi comprare una roba rimpolpante? È come ammettere che sei andata, come una prugna secca o una pera passata, e che ti può fare una crema?) ci mettevo Leopardi, per lo meno, o Gillo Dorfles, come doveroso omaggio, ma come faccio?
E’ così esplicativa, illuminante meglio di un prodotto Vichy, l’etimologia, che te la devo raccontare per forza. E’ pure sfaccettata, come si diceva una volta, e tutta mia che sono cento volte pesante e una frivola (1 a 10 non basta, frivolo Galassi, che non solo il mio nome conosci)
E allora te la racconto più brevemente possibile, per restare sul frivolo, se non mi prende la mano.
La frivolezza è una rottura. 
Frivolo viene da friare (che viene da bhrai, l’indoeuropeo, ma lasciamolo stare) che significa rompere in pezzi.
Il frivolo è fragile, non privo di sostanza. 
Quando vai in pezzi ti conviene buttarti sul frivolo, e comprarti una crema per pelli sensibili, non sia mai servisse per incollare i pezzi. Che non è che i cocci rotti siano sempre da buttare (potrei raccontarti dei giapponesi…)
E’ frivolezza, non è vanità, è il Leopardi che ti dovevo: “Tutto è follia in questo mondo fuorché il folleggiare. Tutto è degno di riso fuorché il ridersi di tutto. Tutto è vanità fuorché le belle illusioni e le dilettevoli frivolezze.”
E potrei chiuderla qui e andare a spalmarmi il viso con uno spesso strato di crema, come raccomandato dall’amica farmacista (poi l’eccesso lo levi con un batuffolo cit.) per vedere se mi illumina, ma lo sai che non mi so contenere, e fuori piove troppo, dove vado? E allora un paio di parole parenti bisogna che ce le metto, per le sfaccettature: dal friare del frivolo viene anche fricare, strofinare, che è anche massaggiare (la crema in faccia?) accarezzare, in una dimensione della frivolezza confortante e affettuosa, e viene anche frizzare … e che non è più piacevole una persona frizzante e pure frivola di una pesante e compatta come un cubetto di porfido? 
Ma io sto 1 a 100, l’ho detto sopra, meglio che mi metto la crema, dilettevole frivolezza, e ti farò sapere.

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