IL DONO


"Stamattina c’è neve dovunque. Ci facciamo sopra dei commenti.
Mi dici che non hai dormito bene. Dico che
neanche io. Tu hai avuto una nottata terribile. “Anch’io”.
Siamo straordinariamente calmi e teneri l’uno con l’altra,
come se ognuno di noi percepisse la fragilità mentale dell’altro.
Come se sapessimo cosa l’altro prova. Non è così,
naturalmente. Non è mai così. Non importa.
È della tenerezza che m’importa. Questo è il dono
che stamattina mi commuove e sostiene.
Al pari di ogni mattina."

Raimond Carver

Ecco, parlando del "dono" niente di diverso vorrei dire.
Nè qualcosa di avvicinabile saprei dire , perciò parlo solo del peggio che si può dire,  e si può pensare, del dono. Ah, e l'etimologia, tranquillo, ce la metto.
Il dono ideale, laddove tutto è scambio, mercanteggiare e trattare, presuppone l'assoluta gratuità. Ma questa gratuità sta tutta sbilanciata verso il ricevente, che nella rappresentazione, spesso il donare costa, quando non arriva al sacrifizio.
Esempio: la mia maestra, sia lode a lei, ci insegnava un sacco di poesie, talora, spesso, orientate al macabro, come La tomba nel Busento, Davanti San Guido, (che Carola disegnò il fantasma di Nonna Lucia che aleggiava sul viale dei cipressi e la maestra non fu affatto contenta), Pianto Antico e Valentino vestito di nuovo, tutti morti, tutti morti. Per la festa della mamma, che ci fa il dono della vita, ci fece imparare questa, che ancora, ahimè ricordo, di Francesco Pastonchi (quando recitavamo le poesie, correttamente dicevamo titolo, autore e poi tutta la tiritera - mentre oggi che leggo sul Kindle -un dono, certo - non vedo la copertina e mi dimentico sempre titolo e autore del libro che sto leggendo)
Ma ecco la poesia:

"Una mamma è come un albero grande
che tutti i suoi frutti dà:
per quanti gliene domandi
sempre uno ne troverà.
Ti dà il frutto, il fiore e la foglia,
per te di tutto si spoglia,
anche i rami si toglierà.
Una mamma è come un albero grande.
...."

E il resto te lo risparmio.
Io la visualizzavo questa mamma di cortecchia scabra e muschiosa, gli occhi sul tronco le braccia alte e aperte, come rami tesi, ma spogli, che tutto mi aveva dato, tutto a noi aveva sacrificato, fiori frutti e foglie. L'ho pure disegnata, credo. Non ero brava come Carola.  E sapevo di dover essere grata del dono, del dono universale e del dono quotidiano, della MAMMA.
Mia mamma portava i bermuda colorati e la pancia di fuori, e orecchini fantasia, come la conciliassi con nudo tronco lo sa solo la mia mente perversa di bambina cui il sacrificio piaceva moltissimo.
Quindi la mia idea è questa, il dono è assoluto, gratuito per chi lo riceve che non deve dare niente in cambio (mai mi ricordo di aver messo in ordine la cameretta traboccante di bambole e ribambole) e non prevede reciprocità.
Infatti i doni li porta Babbo Natale, o la Befana, o San Nicola o Santa Lucia, e mai nessuno ha ricambiato , che io sappia. Anzi, si chiede, pure. C'è adesso questa disprezzabile nuova usanza di lasciargli latte e biscotti, a Babbo Natale, ma non è roba nostrale, è importata, e in ogni caso non è un ricambiare, è un fornire carburante perchè meglio possa eseguire la sua funzione dispensatrice di doni.

Il dono. Ho letto, subito dopo la maestra Ulisse, che non avrebbe probabilmente approvato la frivolezza, un sacco di romanzi per signorine, e lì di doni ce n'erano a iosa, nel senso che c'erano un sacco di donne che donavano. Si abbandonavano e donavano, le labbra quando andava bene, ma per lo più si donavano in toto, con estremo supposto sacrifizio di verginale onore. Dono e sacrificio, te l'ho detto.
E sì, le donne si donano. Cominciai ad avere dei dubbi sulla gratuità del dono, che se l'aviatore, o il giovane finanziere avrebbe certo apprezzato la libera offerta, la signorina, oltre all'occhio ceruleo e l'aitante portamento, certo aveva valutato, come si diceva, posizione e censo. E d'esser ricambiata non solo con calorosi abbracci, di certo attendeva. Che, il dono, e l'etimologia fin qui è banale, è un dare, e l'avere n'è di conseguenza, per le signorine da romanzo, cui certo non si negavano transitorie ambasce. Cinica m'hanno resa quelle letture, non romantica. Giustamente non avrebbe approvato, la signora maestra. E un po' diffidente, verso i doni, anche se sì, ne ho ricevuti, di quelli belli e sani. Il migliore? Il caffè la mattina, una costanza di affetto. Raimond Carver, e mi commuove. Perdona. Che anche qui c'è il dono, nella parola.
Ecco, è proprio il momento per tornare all'etimologia.
Il dono viene dal dare, spontaneamente, un'altra bella parola, derivando da un'antica radice indoeuropea, in cui il "da", il dare gratuito, è l'atto divino per eccellenza, è la vita che va avanti, dato che, dice il mio fantasioso fornitore di etimi, è composto da "d", luce ed "a" azione, movimento, con partecipazione, e con pietà.
Questo è il dono.
Che bella poesia.
Torna in cima e rileggila.
Grazie.



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